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Più parli e più mi innamoro – la sapiosessualità

Quanti di noi possono dirsi attratti da una persona con delle qualità intellettive di spicco? È possibile generalizzare affermando che, almeno in teoria, una persona adulta desideri un partner in grado di performare funzioni cognitive basilari e magari, perché no, anche qualcosa di più complesso. Allo stesso modo, però, molti di noi valorizzano l’intelligenza tanto quanto (o magari anche meno di) altre caratteristiche fisiche, psicologiche o materiali.

Eppure, là fuori vi sono persone che considerano l’intelligenza come unico e dominante fattore di attrazione. Si tratta di sapiosessuali.

Questo articolo ci aiuterà a conoscere chi sono gli individui che rientrano in questa definizione, l’origine del termine, ma anche le controversie legate alla sapiosessualità.

Sapiosessuale – un termine nuovo per un concetto antico

Dal 2004, nel dizionario Merriam-Webster è stato introdotto il termine sapiosessuale sotto la definizione “di, relativo a, o caratterizzato da attrazione sessuale o romantica per persone altamente intelligenti”. Il termine sapio deriva dal latino “sapere”, ovvero “aver sapore, esser saggio, capire“.

Un individuo può identificarsi come sapiosessuale a prescindere dal proprio genere (uomo, donna, omosessuale, non-binario, transessuale, etc.). Infatti, il termine si riferisce all’orientamento sessuale, il quale enfatizza le caratteristiche di un’altra persona o oggetto (come nel caso degli objectumsessuali) ma non il suo genere per stabilire l’attrazione sessuale.

Il concetto di intelligenza in quanto fattore di attrazione non è affatto recente. Proprio Platone nel suo testo filosofico Il simposio”, scritto tra il 385 e il 370 BC, concettualizza l’amore come una scalata che parte dalla bellezza del corpo, sino a raggiungere le vette più alte dominate dall’intelletto.

Non fu il filosofo greco, però, a coniare il termine sapiosessuale. Fu un utente dal nome wolfieboy che, nel 2002, alla domanda posta da un altro utente sul sito OKCupid “Quale genere preferisci in una relazione sessuale o romantica?” rispose “Per quanto mi riguarda, dell’impianto idraulico mi interessa ben poco. Voglio una mente incisiva, curiosa, perspicace, irriverente. Voglio qualcuno per cui la discussione filosofica sia un preliminare. Voglio qualcuno che a volte riesca ad infastidirmi con il suo sarcasmo e senso dell’umorismo maligno. […] Ho deciso che sono a tutti gli effetti un sapiosessuale” – concludendo raccontando di aver coniato il termine già nel 1998.   

Secondo Google Trends, il vocabolo rimase nascosto nell’ombra fino al 2011, quando iniziò a catturare sempre più interesse, raggiungendo il suo picco solo nel 2019. Non vi è una fonte definitiva che attesti come il termine si sia fatto strada nel linguaggio popolare. Molti suggeriscono che siano stati proprio social media e, in particolare, i siti di incontri online ad aprire al termine sapiosessuale la strada della popolarità.

Le questioni di genere, sesso e sessualità

In questo contesto, è opportuno chiarificare la differenza tra genere, sesso, sessualità, identità di genere e orientamento sessuale.

Quando parliamo di sesso ci riferiamo alle differenze fisiche o fisiologiche tra maschio e femmina, comprese le caratteristiche di sesso primarie (il sistema riproduttivo) e secondarie (altezza, muscolarità, ecc.). 

Genere, invece, riguarda le distinzioni sociali, culturali e di ruolo associate con l’essere maschio o femmina.

La sessualità è la capacità di provare emozioni sessuali e attrazione verso qualcuno – indipendentemente dal sesso/genere.

Per identità di genere si intende la misura in cui una persona si identifica con un particolare sesso e/o genere, mentre l’orientamento sessuale si riferisce al sesso dell’oggetto dell’attrazione sessuale di un individuo. L’identità di genere non è da confondere con il modo in cui uno si veste, atteggia, parla, ecc. – si tratta, in questo caso, di espressione di genere, la quale potrebbe non conformarsi alle aspettative sociali di mascolinità o femminilità.

È essenziale menzionare che identità di genere e orientamento sessuale hanno le caratteristiche di fluidità e plasticità. Significa che esse si estendono lungo un continuum all’interno di un ampio spettro e non sono fisse.

Le variabili di sesso, genere e sessualità (e, di conseguenza, identità di genere e orientamento sessuale) non vanno esaminate solo dal punto di vista biologico, ma anche da quello sociale. Osservando entrambi gli aspetti è possibile cogliere la loro reale complessità.

Quando si considera la questione dal punto di vista sociale, categorizzare è un processo naturale e necessario per la nostra sopravvivenza. Esso aiuta a dare un senso al nostro ambiente, il quale risulterebbe caotico ed intimidatorio se non fosse suddiviso in gruppi e categorie.

Nel contesto dei fattori sopra citati, è ormai chiaro che le categorizzazioni classiche di maschio e femmina, eterosessuale e omosessuale siano riduttive. Esse hanno le loro radici nella società patriarcale, il cui credo si basa sul dicotomo tra maschio e femmina, visti come categorie ineguali. Anche il problema del sessismo è legato a questo modello sociale, il quale si riferisce ai pregiudizi che valorizzano un sesso rispetto ad un altro. La famiglia, l’educazione, i gruppi sociali (amici, sportivi, ecc.) e i mass media sono coloro che formano certe categorie e pregiudizi nei bambini e, spesso, li rinforzano anche in età adulta.

Dal punto di vista biologico, la scienza ci insegna che durante il periodo intrauterino il cervello fetale si evolve nella direzione maschile attraverso un’azione diretta del testosterone sulle cellule nervose in via di sviluppo, o nella direzione femminile attraverso l’assenza di questo picco ormonale. Secondo questo concetto, la nostra identità di genere e anche l’orientamento sessuale dovrebbero essere programmati nelle nostre strutture cerebrali quando siamo ancora nel grembo materno.

Tuttavia, poiché la differenziazione sessuale dei genitali avviene nei primi due mesi di gravidanza e la differenziazione sessuale del cervello inizia nella seconda metà della gravidanza, questi due processi possono essere influenzati indipendentemente, il che può portare alla transessualità. Ciò significa anche che in caso di sesso ambiguo alla nascita, il grado di mascolinizzazione dei genitali potrebbe non riflettere il grado di mascolinizzazione del cervello – nota come disforia di genere.

Questo paragrafo ci da un’idea della complessità della questione di sesso e genere, ma non copre tutti gli aspetti necessari a capirla a fondo. Nonostante ciò, è possibile comprendere il perché è cruciale introdurre categorie nel nostro linguaggio che definiscano l’esperienza di ciascun gruppo. Inoltre, ci aiuta a capire il perché la comunità LGBTQ+ è considerata una minoranza i cui diritti vadano accettati e rispettati. Il passato di molti individui che appartengono a questo gruppo è caratterizzato da abusi e violenze che giustificano la particolare attenzione che sta ricevendo in tempi più recenti.

Proprio per via del passato turbolento che ha influenzato il percorso di esponenti del gruppo LGBTQ+, le persone che si definiscono sapiosessuali non sono ancora pienamente accettate come parte della comunità – poiché non hanno la stessa storia di oppressione e aggressione.

Il concetto di intelligenza

Il problema della sapiosessualità non si ferma al dibattito che concerne la loro appartenenza al gruppo LGBTQ+ o meno. Vi è una questione più intricata che va menzionata. Essa riguarda il concetto di intelligenza.

Diversi psicologi hanno idee contrastanti su come definire e misurare l’intelligenza ancora oggi. Alcuni ritengono che si tratti di una singola abilità generale; altri, al contrario, la vedono come una gamma di attitudini, abilità e talenti. Per questo motivo, non esiste una definizione universale. Al momento, vi sono tre fattori che sembrano costituire l’intelligenza di una persona:

  • Imparare dall’esperienza – Ovvero l’abilità di acquisire, ritenere e usare la conoscenza
  • Riconoscere i problemi – Il saper usare la propria conoscenza deriva dall’abilità di identificare possibili problemi nell’ambiente esterno che necessitano di attenzione
  • Risolvere i problemi – L’abilità di usare ciò che si è appreso per presentare soluzioni a problemi identificati nell’ambiente circostante

Nel XX secolo, lo psicologo William Stern coniò il termine quoziente intellettivo (QI) e, successivamente, il collega francese Alfred Binet – in collaborazione con il governo del suo paese – creò il primo test di intelligenza. Da quel momento, i testi di intelligenza sono stati sempre più diffusi.

Vi sono diverse teorie che possono aiutare nel comprendere l’acceso dibattito tra diversi psicologi sul tema dell’intelligenza.

Una di esse è la teoria dell’intelligenza generale (Theory of General Intelligence). Lo psicologo Charles Spearman, dopo aver esaminato la performance di una serie di individui in un range di test sulle attitudini mentali, ha concluso che coloro che hanno raggiunto punteggi alti nei testi cognitivi tendevano ad ottenere risultati molto soddisfacenti anche in altri tipi di test. La sua conclusione è stata che l’intelligenza è un concetto generale (fattore g), la quale può essere misurata ed espressa numericamente.

Un’altra teoria è quella dello psicologo Louis L. Thurstone, conosciuta come teoria delle abilità mentali primarie (Theory of Primary Mental Abilities). Essa non riconosce un’intelligenza generale, bensì diverse “intelligenze” primarie. Un individuo può possederne una o più:

  • Memoria associativa – La capacità di memorizzare e ricordare
  • Abilità numerica – La capacità di risolvere problemi aritmetici
  • Velocità percettiva – La capacità di vedere differenze e somiglianze tra gli oggetti
  • Ragionamento – La capacità di trovare regole
  • Visualizzazione spaziale– La capacità di visualizzare le relazioni
  • Comprensione verbale– La capacità di definire e comprendere le parole
  • Fluidità del linguaggio verbale – La capacità di produrre parole rapidamente

Successivamente, Howard Gardner sviluppò la teoria delle intelligenze multiple (Theory of Multiple Intelligences). Secondo lo psicologo americano, i concetti di intelligenza generale e quoziente intellettivo sono troppo riduttivi per poter rappresentare le abilità umane. Propose quindi l’esistenza di otto diverse intelligenze:

  • Intelligenza corporeo-cinestetica – La capacità di controllare i movimenti del corpo e di maneggiare abilmente gli oggetti
  • Intelligenza interpersonale – La capacità di rilevare e rispondere in modo appropriato agli stati d’animo, alle motivazioni e ai desideri degli altri
  • Intelligenza intrapersonale – La capacità di essere consapevoli di sé e in sintonia con sentimenti, valori, credenze e processi di pensiero interiori
  • Intelligenza logico-matematica – La capacità di pensare concettualmente e astrattamente e la capacità di discernere schemi logici o numerici
  • Intelligenza musicale – La capacità di produrre e apprezzare ritmo, intonazione e timbro
  • Intelligenza naturalistica – La capacità di riconoscere e classificare animali, piante e altri oggetti in natura
  • Intelligenza linguistico-verbale – Abilità verbali ben sviluppate e sensibilità ai suoni, ai significati e ai ritmi delle parole
  • Intelligenza visuo-spaziale – La capacità di pensare in immagini e di visualizzare in modo accurato e astratto

Per concludere, degna di nota è anche la teoria triarchica dell’intelligenza (Triarchic Theory of Intelligence). Secondo il suo ideatore, lo psicologo Robert Sternberg, l’intelligenza è una “attività mentale diretta verso l’adattamento intenzionale, la selezione e la formazione di ambienti del mondo reale rilevanti per la propria vita“. Sternberg era d’accordo con la visione di Gardner, ma riteneva che alcune delle sue “intelligenze” riflettessero più che altro dei talenti. Propose, di conseguenza, tre fattori fondamentali:

  • Intelligenza analitica – La capacità di valutare le informazioni e risolvere i problemi
  • Intelligenza creativa – La capacità di elaborare nuove idee
  • Intelligenza pratica – La capacità di adattarsi a un ambiente che cambia

Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere, ma ciò che è stato detto finora rende l’idea della complessità del concetto di intelligenza.

È proprio per via della difficoltà di base nel definire e comprendere l’intelligenza che in molti sono scettici riguardo il concetto di sapiosessualità.

Viene spontaneo dunque domandarsi cosa i sapiosessuali intendano per intelligenza?

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